Nel secondo trimestre del 2020, quindi durante il lockdown, i crimini informatici in Italia sono aumentati di oltre il 250%. I principali bersagli sono stati: aziende, privati, ospedali e pubblica amministrazione.
È quanto emerge dal report dell’Osservatorio Cybersecurity di Exprivia, che ha collegato al Covid la maggior parte delle violazioni segnalate. “Complici – secondo il report – l’incremento dello smart working, una maggiore connessione ai social network e la riapertura di alcune industrie subito dopo il lockdown“. Per quanto riguarda le aziende sono stati presi di mira, infatti, anche i sistemi di videosorveglianza.
Nel 60% dei casi la violazione era mirata ad un furto di dati. Il 17% delle violazioni è avvenuta tramite malware che hanno sfruttato il Coronavirus per attirare l’attenzione degli utenti. Tra questi software malevoli ricordiamo “Corona Antivirus”, un malware che ha permesso ai cyber criminali di connettersi ai computer delle vittime e spiarne tutto il contenuto, rubando informazioni ed utilizzando tali pc per la creazione di botnet.
E ancora ricordiamo “CovidLock”, un ransomware, ovvero una tipologia di malware che rende un sistema inutilizzabile chiedendo un riscatto (di solito in bitcoin) per sbloccarlo. Questo malware ha colpito principalmente gli smartphone Android con un’app malevola che prometteva di dare aggiornamenti sulla diffusione del covid.
Sempre da report emerge che in Italia, nel secondo trimestre del 2020, sono cresciuti del 700% gli attacchi di matrice “hacktivistica”, un fenomeno emergente spesso collegato a campagne internazionali su temi di grande attualità come “black lives matter” e “revenge porn“.
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